Le Brassiche
Coltivazione delle Brassiche, buone pratiche agricole in azienda
Sommario
Introduzione
Circa 3.700 sono le specie appartenenti alla famiglia delle Brassicacee, o Crucifere: alcune di esse hanno un notevole valore agronomico e sono diffuse, praticamente, in tutti i principali areali agricoli, in particolare nel bacino del Mediterraneo, dove se ne contano circa 260 generi.
Prima di affrontare il tema della difesa, occorre distinguere le diverse varietà che compongono il gruppo dei Cavoli, avendo diretto impatto sulle s.a. impiegabili per le principali patologie.
Di seguito, si riportano le varietà distinte per gruppo di appartenenza (in neretto, sono evidenziate le varietà più diffuse sul territorio nazionale):
VARIETA'
- CAVOLI A INFIORESCENZA
- Cavoli Broccoli (Brassica oleracea italica)
- Cavoli broccoli/Cavoli Romani (Brassica oleracea var. italica)
- Broccoli cinesi/kai-lan (Brassica oleracea alboglabra)
- Choi sum (Brasica rapa parachinensis)
- Rapini/Broccoletti di Rapa/Cime di Rapa/Friarelli (Brassica rapa sylvestris)
- Cavolfiori (Brassica oleracea botrytis)
- Cavolfiori “Romanesco” (Brassica oleracea botrytis)
- CAVOLI A TESTA
- Cavoletti di Bruxelles (Brassica oleracea gemmifera)
- Flower Sprout (xBrassica oleracea)
- Cavoli Cappucci (Brassica oleracea capitata)
- Cavoli Cappucci appuntiti (Brassica oleracea capitata)
- Cavoli Cappucci rossi (Brassica oleracea capitata f. rubra)
- Cavoli Verza (Brassica oleracea sabauda)
- Cavoli Cappucci bianchi (Brassica oleracea capitata f. alba)
- CAVOLI A FOGLIA
- Cavoli Cinesi/pe-tsai (Brassica oleracea Pekinensis)
- Cavoli cinese a foglia liscia/tai goo choi (Brassica rapa rosularis)
- Senape Indiana (Brassica juncea)
- Komatsuma/Senape Spinacio (Brassica perviridis)
- Brassica rapa Nipposinica/mizuna (Brassica rapa subsp. Nipposinica)
- Cavoli Cinesi/Cavoli Sedani/Pak-Choi (Brassica chinensis)
- Foglie di Brassica (Brassica rapa Rapa)
- Cavolo Marino/Cavolo Marittimo (Crambe maritima)
- Cavoli Ricci (Brassica oleracea sabellica e var. viridis)
- Cavoli Neri (a foglie increspate) (Brassica oleracea viridis)
- Cavoli Ricci/Cavoli Mellier bianchi (Brassica oleracea acephala subvar. Medullosa)
- Cavoli Ricci/Walking stick kale (Brassica oleracea longata)
- Foglie di Cavoli Rapa (Brassica oleracea gongylodes)
- Colza della varietà pabularia (Brassica napus pabularia)
- Cavoli Portoghesi (Brassica oleracea costata)
- Cavolo Nero (Brassica oleracea palmifolia)
- CAVOLI RAPA
- Cavoli Cinesi/pe-tsai (Brassica oleracea Pekinensis)
- Cavoletti di Bruxelles (Brassica oleracea gemmifera)
- Cavoli Broccoli (Brassica oleracea italica)
La difesa fitosanitaria dei Cavoli
Data l’eterogeneità delle varietà impiegate, ed i diversi areali di coltivazione, sono numerose le patologie che possono colpire le Brassicacee. Tra queste, particolare importanza rivestono le malattie fungine, sia per l’impatto diretto sulla coltura in campo, sia per le successive problematiche che possono comportare in fase di conservazione.
Difatti, esigenze di mercato, possono richiedere lo stoccaggio dei cavoli in apposite celle frigorifere per un tempo più o meno lungo e, di conseguenza, se il prodotto non è perfettamente sano, si possono sviluppare patologie durante questa fase o, in estremo, sui banchi dei supermercati.
Come per tutte le colture, anche per i Cavoli, la corretta difesa fitosanitaria si compone di una difesa chimica e, molto importante, una serie di misure agronomiche consistenti nelle buone pratiche da adottare per limitare la comparsa e la diffusione di patogeni e fitofagi:
- Preparazione ottimale del terreno, con particolare attenzione al drenaggio, per evitare l’insorgenza di marciumi radicali;
- Impiego di varietà tolleranti alle malattie, ovviamente consone alla zona di produzione;
- Utilizzo di sementi sane e certificate;
- Prevedere delle ampie rotazioni (importante soprattutto per le batteriosi);
- Distruzione dei residui colturali;
- Effettuare irrigazioni e concimazioni, soprattutto, azotate, ben equilibrate;
Di contro, le misure chimiche, hanno la massima efficacia qualora adottate secondo rigorosi passaggi fondamentali, quali:
- Riconoscimento della malattia;
- Tempestività del trattamento;
- Utilizzo di Agrofarmaci registrati
- questo punto è particolarmente importante in quanto, come abbiamo visto, sono numerose le varietà che compongono il gruppo dei Cavoli di interesse agronomico, per cui va sempre verificata con attenzione che la specifica tipologia sia prevista nella registrazione dell’agrofarmaco che si impiega.
- Qualità della distribuzione ottimale
- soprattutto per quanto concerne la bagnatura, in quanto le foglie dei Cavoli sono caratterizzate, in genere, da una elevata presenza di cere, rendendo queste ultime particolarmente idrofobe.
Vediamo ora più da vicino le principali minacce che possono compromettere la coltivazione dei Cavoli.
PATOGENI FUNGINI
PERONOSPORA (Peronospora brassicae, Peronospora parasitica)
Sono due le specie di Peronospora che interessano la coltivazione del Cavolo: Peronospora brassicae e Peronospora parasitica. Gli attacchi, in genere, si verificano fin dai primi stadi, 3-4 foglie, od ancor più precocemente in vivaio. Le piante adulte, in genere, sembrano presentare una ridotta suscettibilità.
Il patogeno si conserva sotto forma di spore nel terreno le quali, in condizioni ottimali, germinano raggiungendo la vegetazione attraverso l’azione principalmente della pioggia, l’acqua di irrigazione ed il vento. L’infezione è favorita da temperature comprese tra i 10 ed i 15 °C, in presenza di una elevata umidità: in questo caso, si cominciano ad osservare, sulle foglie, delle piccole macchie giallognole, rotondeggianti che possono confluire e, successivamente, necrotizzare. In corrispondenza delle macchie, sulla pagina inferiore, si ha l’emissione della tipica muffa bianco-grigiastra, la quale darà origine alle infezioni secondarie. In alcuni casi, soprattutto sui Cavolfiori, le infezioni possono riguardare anche i corimbi, con conseguente rallentamento dello sviluppo di questi ultimi e la comparsa di macchie nerastre che ne compromettono la commerciabilità.
La difesa parte dall’agronomia, con l’adozione di densità di impianto non troppo elevate, per favorire l’arieggiamento della coltura, e la distruzione dei residui colturali, così da evitare il perpetuarsi dell’infezione.
Per quanto riguarda la difesa chimica, si riportano i p.a. utilizzabili previsti dalle LGN 2024, distinti per le diverse varietà.
ALTERNARIA (Alternaria brassicicola)
L’Alternaria brassicicola è la specie di Alternaria che maggiormente colpisce le Brassicacee, nonché la più temuta in quanto è in grado di manifestarsi sulla pianta in ogni fase di sviluppo. Anche il seme non è esente dall’infezione: in questo caso, il danno che si manifesta sulle giovani piantine, è in genere molto grave.
Come tutte le patologie fungine, anche l’Alternaria predilige condizioni caldo umide per il suo sviluppo: 18°C con un’umidità prossima all’80%. Da temere, in tutti i casi, anche temperature inferiori, 6-7°C, con le quali ha dimostrato di potersi sviluppare senza grossi problemi (e dando origine ad attacchi invernali molto pericolosi).
I sintomi si manifestano principalmente a livello delle foglie, sulle quali si evidenziano delle macchie circolari di circa 1-2 cm di diametro, nere nella parte centrale e grigio-brunastre sui bordi. Se l’attacco è particolarmente consistente, si può assistere ad un ingiallimento fogliare diffuso, a partire dalle foglie meno giovani e successiva filloptosi: in seguito, si può avere lo sviluppo di una muffa nerastra, costituita dagli organi di diffusione agamica del patogeno.
La difesa si compone anzitutto di buone pratiche agronomiche, quali ampie rotazioni, distruzione della vegetazione infetta (molto importante, in quanto il patogeno è in grado di conservarsi sotto forma di micelio sui residui anche per 6-7 anni), densità di impianto non elevate ed utilizzo di seme sano.
Per quanto riguarda la difesa chimica, si riportano i p.a. utilizzabili previsti dalle LGN 2024, distinti per le diverse varietà.
MARCIUMI BASALI (Pythium spp., Rizocthonia solani, Sclerotinia spp.)
Nella categoria dei Marciumi Basali, rientrano tutta una serie di problematiche, derivanti da diversi patogeni, le quali si verificano in genere nelle primissime fasi di sviluppo della pianta (fino allo stadio di 3-4 foglie). Le parti coinvolte, radici e colletto, assumono una colorazione nerastra e tendono a marcire.
La difesa si focalizza soprattutto sulle buone pratiche agronomiche, volte a garantire un ambiente sano, evitando ristagni idrici ed eliminando tempestivamente le piantine colpite. Utile il ricorso ai microrganismi antagonisti (Trichoderma spp.) per contenerne gli attacchi.
- Pythium: responsabile del marciume dei semenzai (per la capacità di attaccare molto precocemente la coltura) è un fungo appartenente al gruppo degli oomiceti (imparentato con la specie Phytophthora). Sopravvive nel terreno sotto forma di oospore sessuate, molto resistenti sia alla disidratazione che alle temperature estreme. In condizioni favorevoli (25-28°C con umidità attorno al 90%), queste germinano e danno origine alle zoospore le quali si diffondono nell’acqua ed attaccano la pianta ospite, infettandola. Semi, radici e giovani piantine sono tutte potenzialmente infettabili dal patogeno. L’arresto della crescita della pianta è il primo sintomo visibile, seguito dalla perdita di turgore delle foglie, le quali ingialliscono e si incurvano. Si evidenziano delle lesioni scure su steli e radici (una chiara evidenza dell’attacco del Pythium è la facilità con la quale si stacca la corteccia della radice). La zona del colletto diviene marrone. Essendo l’acqua il veicolo di infezione della malattia, ovviamente la gestione del drenaggio del terreno (o del substrato del semenzaio) diviene condizione essenziale per evitare e/o limitare gli attacchi del patogeno. Gli interventi chimici o biologici (es. Trichoderma) devono essere effettuati fin dalle prima fasi di sviluppo.
- Rizocthonia solani: si conserva nel terreno sotto forma di pseudosclerozi, così come nei residui colturali o su piante ospiti. Le condizioni ideali per il suo sviluppo si hanno con temperature comprese tra i 16 ed i 22 °C ed elevata umidità (>90%). Le piante in condizione di stress risultano maggiormente suscettibili agli attacchi. I sintomi si evidenziano con l’imbrunimento delle radici e la strozzatura del colletto. I tessuti colpiti alla base del fusto assumono una colorazione brunastra. Le piante infettate, presentano scarso vigore vegetativo. Le pratiche agronomiche consistono nell’evitare le condizioni di ristagno idrico, ampie rotazioni con piante non ospiti, eliminazione delle piante malate. Anche in questo caso, il ricorso ad antagonisti quali il Trichoderma, aiuta notevolmente il contenimento della malattia.
- Sclerotinia sclerotiorum: patogeno fungino estremamente polifago. Le Brassicacee sono quasi tutte interessate dall’attacco della Sclerotinia, in particolare il Cavolo Cappuccio. Può arrivare a conservarsi nel terreno fino a 5 anni sotto forma di sclerozi nel terreno: strutture molto resistenti le quali, in condizioni favorevoli (elevata umidità e temperature comprese tra i 20 ed i 28 °C), germinano producendo il micelio dal quale origineranno le ascospore. Queste ultime attaccheranno la pianta, producendo la tipica muffa bianca cotonosa (da cui il nome di “Marciume Bianco”) nel quale si formeranno gli sclerozi. Nel Cavolfiore, gli attacchi possono interessare anche l’Infiorescenza. La lotta è principalmente di tipo preventivo, con la scelta di seme conciato, evitare eccessi di umidità, pulire attentamente le attrezzature (per evitare il diffondersi degli sclerozi), rotazioni con piante non suscettibili (es. Graminacee). Utile, in ambiante protetto, il ricorso alla solarizzazione.
Di seguito si riportano i p.a. previsti per la lotta alla Rizochtonia ed alla Sclerotinia, previsti dalle Linee Guida Nazionali 2024.
ERNIA DEL CAVOLO (Plasmodiofora brassicae)
Anche l’Ernia del Cavolo è un patogeno terricolo estremamente temibile, soprattutto per il Cavolfiore ed il Cavolo Cinese, particolarmente suscettibili. Attacca le radici della pianta, provocando la formazione di caratteristiche quanto vistose escrescenze nodose, di colore biancastro: queste ultime, evolvono in formazioni tumorali molto evidenti. Le piante colpite tendono ad ingiallire e ad appassire, specialmente nelle ore più calde, per via della difficoltà di assorbimento delle radici danneggiate. Si conserva nel terreno come spora durevole (anche per dieci anni!!!): le condizioni favorevoli, sono determinate da temperature del suolo elevate (>18°C, ristagno idrico, terreno tendente all’acidità, eccesso di potassio). Come visto per la Sclerotinia, anche in questo caso la difesa è puramente preventiva, con rotazioni (almeno di 4 anni), preparazione ottimale del terreno, evitare eccessi idrici, pulizia dei macchinari di lavoro, riduzione dell’acidità del terreno (attraverso delle calcitazioni), utilizzo di varietà resistenti.
MICOSFERELLA (Mycosferella brassicicola)
Questo patogeno, risulta particolarmente dannoso a causa della sua capacità di colpire sia le foglie che le infiorescenze. Le condizioni favorevoli ad un suo sviluppo, sono rappresentate da temperature comprese tra i 15 ed i 20 °C: non cessa la sua attività anche con gradienti termici prossimi allo zero (cosa che può comportare eventi infettivi anche in fase di conservazione). I sintomi, sulle foglie, sono caratterizzati dalla formazione di macchie circolari grigio-brunastre (0,5-2 cm), con un alone giallastro attorno, le quali tendono successivamente a confluire: la formazioni di picnidi in corrispondenza delle macchie, ne consentono la distinzione dall’Alternaria.
La difesa, si basa sull’adozione di adeguate rotazioni, eliminazione della vegetazione infetta, seme certificato e densità di impianto non elevate.
OIDIO DEL CAVOLO (Erysiphe cruciferarum)
L’Oidio, sulle Brassicaceee, si manifesta con la formazione della tipica efflorescenza polverulenta, di colore biancastra, la quale ricopre ogni organo della pianta, in particolare le foglie, determinando, alla lunga, la formazioni di estese necrosi e successive spaccature. Si conserva sotto forma di micelio sui residui della vegetazione: la trasmissione, avviene attraverso il vento, il quale trasporta i conidi formatisi dalle piante malate a quelle sane.
Le condizioni ideali di sviluppo, sono date da temperature di 18-28°C, scarsa areazione e, in generale, ambienti climatici caldo-umidi.
La difesa è principalmente di tipo chimico, intervenendo in prossimità della comparsa dei sintomi.
FITOFAGI
LEPIDOTTERI (Mamestra brassicae, Pieris brassicae, Plutella xylostella)
I Lepidotteri, responsabili degli attacchi alle Brassicacee, sono essenzialmente tre:
- Mamestra brassicae o Nottua
- Pieris brassicae o Cavolaia
- Plutella xylostella o Tignola delle Crucifere
In annate favorevoli, possono rappresentare un grosso problema, causando notevoli danni alla produzione.
Nottua (Mamestra brassicae)
Farfalla di grosse dimensioni, con un’apertura alare che può raggiungere anche i 45 mm, si presenta con una colorazione grigio-brunastro. Sverna come crisalide ed i primi voli si hanno tra Aprile e Maggio, a cui fanno seguito le ovideposizioni localizzate sulla pagina fogliare inferiore (in genere qualche decina di uova).
Le larve che ne fuoriescono (di colore verdognolo nelle prime fasi, via via tendenti al grigio-verdastro man mano che crescono, con fasce longitudinali più scure) iniziano subito l’attività trofica a danno delle foglie e dei fusti (nei quali compiono delle vistose erosioni). La ore notturne sono il momento in cui le larve si muovono nutrendosi, nascondendosi nel terreno durante il giorno. Nel giro di 1-2 mesi, dipendente dalla temperatura, si ha la completa maturazione delle larve ed il successivo incrisalidamento, sempre nel terreno. A Luglio, si ha lo sfarfallamento e la conseguente comparsa delle larve di seconda generazione (in genere ad Agosto). Queste ultime, daranno origine alle crisalidi che effettueranno lo svernamento come crisalidi.
Cavolaia (Pieris brassicae)
Lepidottero molto diffuso, è responsabile di gravi danni soprattutto su Cavolfiore, dove le larve, gregarie, ne erodono le foglie ad esclusione delle nervature più grandi.
L’adulto misura circa 60 mm di apertura alare. Queste ultime, sono di colore bianco, con le estremità nere: le femmine, completano con due caratteristiche macchie nere per ala. La larva, riconoscibilissima, si presenta giallo-verde, con delle picchettature nere lungo tutto il corpo: può raggiungere i 35-40 mm di lunghezza.
La Cavolaia, sverna come crisalide: l’inizio dei voli è collocato, in genere, da Aprile a Maggio, con la successiva ovideposizione sulla pagina fogliare inferiore della coltura. Dopo circa due settimane, si avrà la comparsa delle larve: queste, durante la loro attività trofica, presentano un caratteristico comportamento gregario, soprattuto nelle prime fasi di sviluppo. Raggiunta la maturità, formeranno le crisalidi dalle quali origineranno gli adulti della seconda generazione, indicativamente tra la fine di Giungo ed i primi di Luglio, dipendente dalle condizioni climatiche. Può arrivare a compiere fino a 3-4 generazioni annue.
Tignola delle Crucifere (Plutella xylostella)
È considerato il lepidottero più dannoso, a livello globale, per le Brassicacee.
Si presenta come una piccola farfalla (10-12 mm di apertura alare), di colore grigio-brunastro. Gli adulti sfarfallano a Marzo-Aprile, accoppiandosi subito ed ovideponendo fino a 300 uova (isolate o parzialmente raggruppate) sulla pagina fogliare inferiore della coltura. Con temperature superiori ai 30°C, lo sviluppo dell’uovo può completarsi in appena 2-3 giorni. Le larve che ne origineranno, compiono delle caratteristiche erosioni circolari sulla pagina inferiore, fino all’epidermide superiore, la quale non viene danneggiata ma che dissecca immediatamente dopo. La Tignola delle Crucifere può arrivare a completare fino a 7 generazioni all’anno, dipendente dalle condizioni climatiche. Recenti osservazioni, hanno evidenziato come la presenza, ed il relativo danno provocato dalla Plutella, sia fortemente condizionato dalle precipitazioni e/o dalle irrigazioni sovrachioma, le quali limitano in maniera importante la mobilità e la presenza dell’insetto sulla vegetazione.
La Difesa dai Lepidotteri
Il danno derivanti dai Lepidotteri, viene espletato esclusivamente dalle larve, con la loro attività trofica più o meno consistente. Per questo motivo, i trattamenti dovranno essere indirizzati e guidati dalla presenza di queste ultime. Importante il monitoraggio effettuato con le relative Trappole a Feromoni, le quali consentono di avere una importante indicazione del livello di infestazione e, soprattutto, la possibilità di prevedere la futura presenza delle larve sulla vegetazione. Sulla base delle catture, possiamo intervenire con insetticidi a diverso meccanismo di azione, attivi sulle larve, sugli adulti o, in alcuni casi, su entrambi.
Di seguito, si riporta l’elenco dei p.a. previsti dalle LGN 2024 per la difesa dai Lepidotteri delle Brassicacee.
ALTICA (Phyllotreta spp.)
L’Altica, è un piccolo coleottero (2-3 mm di lunghezza), in grado di provocare danni già nei primissimi stadi di sviluppo della coltura. Sverna, come tutti i coleotteri, come adulto, localizzato nel terreno. Comincia la sua attività a Marzo-Aprile. Il danno è provocato sia dagli adulti, i quali erodono le giovani foglie con caratteristiche rosure rotondeggianti. Le femmine, successivamente agli accoppiamenti, depongono le uova vicino al colletto delle piante: le larve che ne fuoriescono, attaccano le radici con rosure i quali danni, però, sono in genere molto limitati e non richiedono controlli specifici.
Questi ultimi, sono giustificati solo in presenza di forti attacchi su piante all’inizio dello sviluppo, in quanto maggiore è il danno che ne deriva.
AFIDI
Due sono le specie di afidi che possono attaccare le Brassicacee:
- Afide Ceroso del Cavolfiore (Brevicoryne brassicae);
- Afide Verde del Pesco (Myzus persicae)
Di queste, solo la prima è in grado di determinare danni consistenti, al contrario del Myzus, il quale è responsabile solo della trasmissione di determinate virosi non impattatanti. Quest’ultimo, inoltre, si può localizzare sulle Brassicacee in quanto ospiti secondari necessari al completamento del suo ciclo dioico.
Afide Ceroso del Cavolfiore (Brevicoryne brassicae)
L’Afide Ceroso del Cavolfiore, viene così chiamato per la caratteristica polverina bianca che ne ricopre il corpo, a scopo protettivo. Misura dai 1,5 mm (forma attera) ai 2,5 mm (forma alata). Sverna come femmina virginipara o, come uovo durevole localizzato sul fusto, ma solo in caso di clima avverso. Si adatta molto bene sia alle alte, quanto alle basse temperature, arrivando a compiere anche 25-30 generazioni l’anno.
Il danno è provocato dalle punture trofiche dell’insetto sulla vegetazione (in genere le foglie più esterne che tendono ad ingiallire). Non sono rari, in tutti i casi, la presenza di questi afidi anche sulle rosette centrali: in caso di un attacco precoce, queste ultime bloccano lo sviluppo mentre, in caso di attacco su organo già formato, il danno è principalmente commerciale con consistenti deprezzamenti della merce.
L’Afide Ceroso, è ritenuto il responsabile della trasmissione del Virus del Mosaico e della Maculatura Anulare Nera.
ALEURODIDI (Aleyrodes proletella)
La Mosca Bianca del Cavolfiore (Aleyrodes proletella) è una piccola farfallina biancastra di circa 1,3-1,5 mm di lunghezza. Le forme giovanili, le neanidi, misurano circa 1,5 mm di lunghezza e si presentano appiattite, verdognole, localizzate sulla pagina inferiore della foglia. A seconda della temperatura, questi fitofagi possono compiere diverse generazioni l’anno, con cicli della durata indicativa di circa 20-25 giorni. Il danno è provocato dalle punture trofiche effettuate sulle foglie sia dagli adulti che, soprattutto, dalle neanidi. Agli ingiallimenti che ne seguono, si ha l’ulteriore danno derivante dalla produzione di abbondante melata sulla quale si sviluppano poi fumaggini le quali portano ad un grave deprezzamento commerciale della produzione.
La Difesa da Afidi ed Aleurodidi
La lotta, di tipo chimico, viene effettuata alla comparsa dei primi individui, con prodotti specifici, quali quelli riportati nella seguente Tabella e previsti dalle LGN 2024.
MOSCA DEL CAVOLO (Delia radicum)
Si tratta di un piccolo dittero di circa 5-6 mm di lunghezza grigiastro, con bande longitudinali più scure lungo l’addome. Il danno è provocato dall’attività trofica delle larve (biancastre, lunghe circa 8 mm) le quali penetrano a livello del colletto e, successivamente, scavano delle gallerie lungo il fusto e le radici, arrivando a colpire anche le giovani foglioline. I sintomi sono molto evidenti, e si manifestano con mercescenza dei tessuti colpiti, ingiallimenti diffusi e, nel caso di attacchi molto gravi, la morte dell’intera pianta.
La Mosca del Cavolo, sverna come pupa, a circa 5-6 cm di profondità. In Primavera (verso Aprile) gli adulti sfarfallano (in genere, quando la temperatura del terreno di stabilizza sugli 8-9°C). Dopo gli accoppiamenti, le femmine ovideponono vicino al colletto e, passate circa due settimane, si ha la comparsa delle prime larve che penetrano subito nella pianta, dando origine ai danni descritti. Verso Maggio si ha il secondo volo, al quale possono seguire ulteriori due voli, per un totale di 3-4 generazioni l’anno a seconda delle condizioni climatiche.
La difesa si avvale di alcuni accorgimenti agronomici, come la distruzione dei residui colturali (possibili serbatoi infettivi) e l’eliminazione delle crucifere spontanee. Per la difesa chimica, ci si può avvalere dell’utilizzo di trappole cromotropiche di colore giallo per monitorare la presenza della popolazione infestante.
TENTREDINE DELLE CRUCUFERE (Athalia rosae)
Trattasi di un piccolo imenottero che fa la sua comparsa, in genere, a partire da Maggio. Le femmine, una volta fecondate, depongono l’uovo all’interno della foglia, tra le due epidermidi. L’attività trofica delle larve, si concentra dapprima sul tessuto interno della foglia, per poi estendersi a tutto il resto, ad eccezione delle nervature, così da provocare un caratteristico aspetto scheletrico delle foglie colpite. A seconda delle condizioni climatiche, può compiere 2-3 generazioni l’anno. La difesa, chimica, deve focalizzarsi sul controllo delle larve attraverso l’uso di formulati a base di Deltametrina.
TRIPIDI (Thrips tabaci, Thrips palmi)
Entrambi i Tripidi menzionati, svernano come adulti nel terreno, riprendendo l’attività a fine Inverno. La massima presenza di questi tisanotteri fitomizi si ha con l’Estate, quando le temperature favorevoli al loro sviluppo è massima. Il danno è provocato dalle punture di alimentazione provocate da tutti gli stadi mobili dell’insetto: in aggiunta, anche le punture effettuate dalle femmine per l’ovideposizione, che avviene all’interno dei tessuti fogliari, possono provocare danni consistenti. A seconda delle condizioni climatiche, possono compiere dalle 4 alle 7 generazioni l’anno. La difesa è essenzialmente chimica, la quale si può avvalere dell’ausilio di trappole cromotropiche di colore azzurro per determinare presenza e livello dell’infestazione.
ELATERIDI (Agrioites spp.)
Questi insetti, noti anche con il nome di “ferretti”sono caratterizzati da un ciclo pluriennale (4-5 anni) in cui solo lo stadio larvale è quello responsabile dei danni alle coltivazioni.
Gli adulti compaiono, in genere, a metà Aprile per ovideporre nel terreno le uova dalle quali si origineranno le larve. Queste ultime, estremamente polifaghe, si svilupperanno a spese delle radici di svariate colture, compiendo erosioni sugli organi sotterranei: i danni più gravi si riscontrano in Primavera ed in Autunno.
I fattori che favoriscono le popolazioni di Elateridi sono:
- precessioni di prati, foraggere, incolti e, in genere, colture pluriennali poco lavorate;
- terreni umidi e freschi, nonché quelli con elevato contenuto di sostanza organica;
- elevata piovosità estiva, la quale determina le condizioni microclimatiche di freschezza ed umidità affinché si abbia la risalita delle larve (ed il conseguente danno);
- irrigazioni frequenti, per quanto detto prima.
Anche in questo caso, le modalità di controllo passano per pratiche Agronomiche e Chimiche.
Fra le prime, abbiamo:
- evitare la monocoltura (soprattutto in caso di attacchi consistenti);
- evitare rotazioni con prati stabili (medicai, prati polifiti, etc.);
- evitare semine e/o trapianti in terreni favorevoli allo sviluppo degli elateridi, quali i terreni torbosi;
- effettuare le lavorazioni al terreno (in questo modo si modificano le condizioni igrometriche con il conseguente approfondimento delle larve);
- effettuare il monitoraggio per tarare al meglio la difesa chimica.
Questo ultimo, può essere eseguito attraverso le trappole convenzionali le quali, con l’apposito feromone, riescono ad intercettare la comparsa degli adulti.
La difesa chimica si può effettuare con l’ausilio di appositi geodisinfestanti, da applicare al momento del trapianto, così da salvaguardare le giovani piantine dagli attacchi precoci di questi fitofagi.
BATTERIOSI
Le batteriosi che interessano le Brassicacee sono due, provocate da tre ceppi batterici differenti, ed in particolare:
-
Maricume Nero (Xanthmonas campestris):
patologia molto grave, in quanto il Batterio in questione può colpire la pianta in qualsiasi fase dello sviluppo, compreso quello cotiledonare. In caso di attacchi precoci, i sintomi sono rappresentati da un progressivo annerimento delle giovani foglioline, le quali successivamente avvizziscono completamente. Quando, al contrario, l’attacco interessa la pianta adulta, si ha la comparsa di macchie giallastre triangolari ai bordi della lamina fogliare con dei caratteristici annerimenti delle nervature interessate dalle macchie. La malattia può diffondersi, in maniera sistemica, anche ai fusti, con annerimenti dei vasi conduttori. La trasmissione avviene tramite il seme e/o dai residui della vegetazione infetta (il batterio è in grado di conservarsi anche per 2-5 anni), attraverso pioggia o irrigazione le quali diffondono il batterio sulle piante sane. La penetrazione si ha sfruttando le aperture stomatiche e/o eventuali ferite della vegetazione. Il range termico di attività del batterio è di 5-36°C, con optimum di sviluppo tra i 25-30°C (in questo caso, la comparsa della malattia si ha già dopo solo 7-8 gg dall’infezione). - Marciume Molle (Erwinia , Pseudomonas spp.): particolarmente colpito è il Cavolo Cinese, anche se tutte le Brassicacee sono potenzialmente attaccabili da entrambi i batteri. La conservazione avviene nei residui della vegetazione infetta, a livello del terreno. Tramite pioggie e/o irrigazioni, possono raggiungere la piante sane e penetrare attraverso le ferite, favorite, tra l’altro, dalla presenza di un velo d’acqua sulla vegetazione. Rapidamente evolvono in colonie batteriche sviluppandosi negli spazi intercellulari e producendo enzimi i quali disgregano le pareti cellulari delle piante. I tessuti colpiti marciscono emettendo un caratteristico odore estremamente sgradevole. I danni, possono essere consistenti anche in post-raccolta. Elevata umidità, associata a temperature comprese tra i 18 ed i 35 °C sono le condizioni ideali per lo sviluppo del batterio.
La difesa dalle Batteriosi
Le pratiche agronomiche rappresentano uno strumento estremamente valido nella prevenzione dalle malattie batteriche. Tra queste si annoverano:
- Seme sano e certificato;
- Ampie rotazioni colturali (almeno 4 anni);
- Concimazioni azotate equilibrate, evitando soprattutto gli eccessi;
- Eliminazione dei residui della vegetazione in quanto, come abbiamo visto, possono rappresentare un pericolo per la conservazione e la diffusione della malattia;
- Preferire metodi di irrigazione alternativi all’aspersione;
- Gestione della pianta alfine di evitare, per quanto possibile, la formazione di ferite (vie di ingresso del patogeno).
Di seguito, si riportano le Sostanze Attive previste dalle LGN 2024 per la difesa dalle Batteriosi.
CONCIMAZIONE
La concimazione delle Brassicacee, come per tutte le colture, deve essere ragionata sulla base della dotazione del terreno su cui andremo a coltivarle ed alle esigenze nutrizionale specifiche della singola varietà, soprattutto in previsione della produzione che si vuole ottenere.
Dato il periodo di coltivazione, prevalentemente autunno-invernale, una importanza particolare riveste la concimazione autunnale ai fini di una corretta dotazione di azoto, fosforo e potassio da sfruttare durante il periodo invernale.
In questa fase, difatti, adeguati apporti consentono una crescita ottimale dell’apparato radicale, in grado poi di sostenere la pianta nelle fasi successive di sviluppo. Utile il ricorso a concimi a lenta cessione, così da salvaguardare i nutrienti dal rischio di lisciviazione, specie quelli azotati.
Entrando nello specifico, analizziamo meglio il ruolo dei principali elementi:
- Azoto: durante la formazione vegetativa, ossia lo sviluppo di foglie e steli, elevate sono le esigenze da parte delle Brassicacee. La sua carenza, porta ad uno sviluppo stentato della pianta ed una clorosi diffusa a livello delle foglie. Queste ultime, invecchiando, virano rapidamente all’aranciato, al rossastro e vanno incontro a filloptosi precoce.
- Fosforo: importante nella fase di radicazione e, successivamente, in quella della fioritura.
- Potassio: fondamentale per lo sviluppo del frutto e, quindi, alla base dell’aumento delle rese produttive. Essendo coinvolto, tra l’altro, anche nello sviluppo radicale, il Potassio rientra anche tra quegli elementi fondamentali per il mantenimento di un corretto equilibrio idrico della pianta. La carenza di Potassio, si evidenzia con una colorazione verde-bluastra delle foglie, le quali si curvano verso il basso con disseccamenti localizzati ai margini.
Da quanto detto, quindi, è preferibile il ricorso una concimazione con una buona dotazione di potassio e, conseguentemente, prevedere concimi con un rapporto nutrizionale pari a 2.1.3 o 3.1.4.
Una caratteristica delle Brassicacee, è il loro elevato fabbisogno in Zolfo: elemento che questa famiglia di orticole asporta dal terreno in quantitativi anche superiori al Fosforo.
Non sono rari fabbisogni anche di 30-45 Kg/Ha di Zolfo, a seconda della tipologia e varietà: questo perché le Brassicacee producono particolari composti solforati (i Glucosinati), alla base dell’autodifesa delle piante. In genere non si effettuano concimazioni specifiche a base di zolfo, ma si preferisce apportarlo in maniera “indiretta” attraverso le concimazioni classiche (es. organiche, o preferendo solfati di potassio etc.): importante, quindi, valutare il ricorso a concimi composti, oltre che dall’elemento principale, anche da una componente di zolfo.
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